L’ombra viene dalla Luce

Riflessioni sul Solstizio d’inverno e il mio infortunio
Ormai sono più 10 giorni che sto a letto.
La caviglia va meglio, è sgonfia quasi del tutto, anche se ancora mi fa male nei movimenti e non regge il carico. Mi esercito con qualche rotazione mentre sono ancora stesa qui, tra pc, libro, gatti e coperte.
Sto vivendo un senso di frustrazione ricorrente nello starmene qui.
Reagisco lavorando, stando su facebook a condividere articoli, creando volantini per il natale, rispondendo a tutte le mail degli interessanti alle nostre attività.
Ho fatto qualche bel giro di riflessioni.
Il dolore che mi fa paura e che credo di non saper gestire (e quale modo migliore di affrontare questa cosa, se non provarne tanto e doverci rimanere in contatto forzatamente!?); i miei limiti e l’incapacità di uscire da un ruolo di responsabilità se non trovandomi la scusa dell’infortunio; l’esaurimento delle mie energie, quelle che dovrei dedicare a me e che invece dedico più spesso agli altri. La tristezza inespressa per una relazione che non sta andando come desidererei e che durante un sogno mi fa dire “non mi reggo in piedi dal dolore”…
Penso, rimugino, entro in profondità e ascolto come mi sento sotto ogni apparenza e ogni volontà di reazione a questa immobilità.
Scendo nel buio e mi dico che non sto trovando risposte.
Mi dico che tutto può essere, che ognuna di queste riflessioni può calzarmi e può essere causa della mia caduta.
E intanto continuo a stare nel letto. E continuo a sentirmi inutile. Continuo a sentirmi da un lato vittima di me stessa e dall’altro in difetto verso i miei compagni che mandano avanti le cose con me qui immobile.
E poi arriva il Solstizio.
Con lui, un senso di ciclicità mi avvolge. Un senso d’integrazione e poi rinnovamento.
Chiudo gli occhi e penso al grembo materno, buio, ovattato, lento.
Mi ci immergo per un po’ e mi rendo conto che tutto questo buio non fa più così paura. Che è una condizione umana e naturale, accogliente e protetta. Anche se solitaria, anche se silenziosa.
E mentre sono lì, penso che riconosco il buio solo perché conosco la luce.
Che uno non esiste senza l’altra. In un equilibrio continuo, in un’armonia perenne e ciclica.
Bene e Male, Maschio e Femmina, Luce e Ombra, Cadere e Rialzarsi, Morire e Rinascere.
E mi coccolo in questi pensieri, accolgo la tristezza, la solitudine, il dolore fisico e emotivo, l’impotenza e l’incapacità.
Anche la rabbia, che fa da grande cornice esterna.
Mi sento umana.
E anche un po’ di più.
Un po’ parte di qualcosa di più grande, che forse non sono in grado di capire del tutto, a cui pongo resistenze, con ruoli e convinzioni, ma che mi fa sentire ugualmente la sua forza, la sua presenza e la sua armonia. Mi riesco a fidare.
Riesco a fidarmi di me e di ciò che la Vita mi manda.
Riesco a sentire le parole di Gabriella, che mi accompagnano sempre quando sto per fare una svolta:
“AMA IL TUO DOLORE”.
“D’accordo”, mi dico.
Forse non ho davvero trovato ciò che mi ha fatto cadere. Ma questo buio mi ha permesso di accogliermi e di ritrovare quel senso di ciclicità e fede nel cammino. Ora voglio la Luce. Ora voglio, come il senso del Solstizio mi invita a fare, veder nascere un nuovo seme dal quel grembo buio e ovattato.
Smetto di chiedermi “Perché è accaduto?” – Buio
e inizio a chiedermi “Cosa voglio che accada?” – Luce.
Cosa voglio che nasca da questo ciclo?
Come voglio muovermi?
Cosa voglio rinnovare nel mio modo di vivere e pensare?
Cosa voglio raggiungere di buono per me e cosa faccio di nuovo da oggi?
Questo è utile. Questo mi fa sentire di nuovo in cammino.
Un piccolo passo alla volta, come la mia caviglia continua a dirmi, nel suo farmi male.
"Non pretendere troppo da te stessa, Simona. Fai un piccolo passo, fin dove riesci, ma sempre in avanti. Cammina nella direzione che hai scelto e accetta di cadere, doverti fermare ogni tanto, di chiedere aiuto e di sentire male."
Questo è il seme che voglio nutrire in questo inizio di un nuovo ciclo.
Ha a che fare con il perfezionismo (e con tutti i condizionamenti ad esso collegati).
E’ un argomento difficile per me, ancora oggi, nonostante tante nuove consapevolezze e trasformazioni che sono riuscita a consolidare.
Voglio che questo cambi. Voglio sentirmi libera da questo modo di pensare. Voglio trasformarlo. E oggi comincio con rinnovata intensità.
Mi faccio aiutare. Dalla comunità in primis e da questo senso di grandezza.
Una grandezza che va ben oltre i miei limiti e che – quando mi concedo di esplorare – mi fa sentire profondamente serena e in grado di vivere la realtà come voglio.
Libera e partecipe.
Pubblicato in Blog di Simona Straforini
Tags: crescita personale, relazioni, cambiamento
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