Difficile raccontare le emozioni di questo periodo.
Guardo lo schermo vuoto da un po’, poi mi distraggo con i rumori e con le voci, il profumo della salsa per il pranzo mi ricorda che ho fame. Poi sbircio su Facebook e per condividere una foto, mi casca l’occhio sull’album “caricamenti dal cellulare” di Tempo di Vivere. Non ci avevo mai prestato attenzione.. non sono molto “social” e soprattutto ho un pessimo rapporto con il cellulare in generale, quindi non ho idea di cosa contenga quell’album.
Sfoglio le foto. Un tuffo a ritroso, dalla Via del Cerchio di quest’anno ai primi giorni qui al Casale, con Ermanno che maneggia il suo adorato martello pneumatico per sistemare l’annesso, la stalla.. la “fu” Sala dei Tappeti. Il luogo dove fino a poco fa, fino a prima dell’ultima tromba d’aria di luglio, organizzavamo i nostri corsi e tutte le attività al coperto.
La mente si silenzia un attimo.
E’ faticoso pensare in questi giorni.
I pensieri si succedono così veloci e controversi che seguirne il filo è – a volte – quasi impossibile. Si confondono, si mischiano, quelli stimolanti che mi aiutano a guardare oltre e quelli che invece mi schiacciano, mi spaventano e mi fanno sentire vittima del fato.
In alcuni momenti è come essere trascinata di qui e di lì proprio dalla tromba d’aria che ha iniziato tutto questo.
Il silenzio della mente è una delle strategie involontarie che metto in atto. Come se mi addormentassi un attimo, come se salisse la nebbia, come se tutto si fermasse, rimanesse congelato così come è, senza più pensieri nel vento, senza più emozioni dolorose.
Dura poco però.
E all’improvviso riprende il caos e il mio sforzo più grande di questi giorni è quello di non lasciarmi trascinare dalla corrente di questi pensieri, ma di ascoltarli uno per uno, per riuscire a distinguere quello che accade dentro di me e fare qualcosa per aiutarmi.
Non è come “scriverlo”.
Detta così sembra quasi semplice. Non lo è. E anche questo causa in me altri pensieri.. su quanto poco capace io sia di affrontare tutto questo, su quanto incongruente sia porsi nel ruolo di facilitatore di difficoltà altrui.. quando io sono qui che non so nemmeno “quanti ne ho in tasca”.
La stalla. I corsi.
Quanta vita in tre soli anni. Quante esperienze raccontate in così poche foto. Quanti incontri, quanti occhi, quante vite ascoltate e conosciute, quante emozioni meravigliose e quanti momenti difficili superati insieme.
Tra tutte le emozioni che volteggiano dentro di me, la malinconia è una delle costanti.
Come se qualcosa che amavo tanto fosse finito. Come se non potessi più goderne. Come se stessi subendo una perdita. Tristezza legata a ricordi stupendi, bisogno di riviverli, come se avessi voglia di un ultimo saluto.
“Non mi aspettavo che succedesse così in fretta! Avevo bisogno del mio tempo per elaborare! Perché non mi date tempo!? Perché devo scegliere velocemente cosa fare, come agire, come risolvere questo casino? Io non me la sento! Non ne sono capace, non ho idee, ho paura, non so da dove cominciare”
“Ah certo! E quindi cosa vuoi fare? Aspettiamo la manna dal cielo? Alzati e fai qualcosa, trova soluzioni, dici sempre che sei brava a farlo! Fallo ora! Mica ti puoi arrendere!? Solo i deboli lo fanno! Solo chi non crede davvero in chi è e cosa fa! Scrivi un obiettivo, crea una strategia, muoviti!”
“Ma non posso! Non dipende mica da me! La natura ci ha scaricato addosso l’impossibile. Non ho soluzioni, sono completamente impotente. Qualcun altro deve agire. Qualcosa d’altro deve accadere. Non è giusto. Non ce lo meritiamo. Se dipendesse da noi potremmo fare qualcosa ma noi siamo le vittime, siamo stati ingiustamente attaccati. Cosa abbiamo fatto di male?”
“Forse qualcosa abbiamo fatto. Forse stavamo sbagliando. Forse dovevamo ricevere uno schiaffo per svegliarci. Forse meritiamo questa punizione. Solo così potremo capire i nostri errori”
Potrei andare avanti per pagine intere.
Benvenuti nella mia mente.
Oggi a pranzo si serve “zuppa di pensieri misti” e contorno di “paure saltate in padella”. Come dessert una macedonia di senso di impotenza, ingiustizia, incapacità e disorientamento.
Buon appetito.
Ci sono momenti in cui ho paura di tutto… ma soprattutto di non avere le risorse per proseguire questo progetto. Di non poter sostenere questa fatica a lungo, di cedere, di dover rinunciare.
E non riesco a sopportarlo, mi schiaccia, mi sento sconfitta e annientata.
Poi finalmente esplodo.
Poi finalmente mi affido.
Poi finalmente mi rivolgo al gruppo e ritorno a sentirmi parte di una comunità.
In una comunità non affronti niente da solo.
In una comunità quello che succede a te, succede agli altri.
In una comunità le forze si moltiplicano esponenzialmente.
E io ho scelto di vivere e costruire una comunità.
Una comunità che guardo muoversi all’interno di questa tromba d’aria emotiva, sempre buttando un occhio sugli altri membri, sempre pronta a intervenire, sempre pronta ad accogliere, a volte dolcemente, a volte con forza prorompente e stimolante ogni stato d’animo e ogni pensiero. E posso lasciarmi andare, piangere, riposare un attimo, farmi abbracciare, per poi alzare lo sguardo e trovare altri due occhi pronti ad affrontare questa situazione con me.
I punti fermi.
I punti fermi attorno mi permettono di sentirmi sicura, ancorata, salda, come al centro della tromba d’aria, dove tutto è fermo e io posso guardarmi attorno, valutare, osservare con attenzione e lucidità, ascoltare cosa penso e cosa provo, riconoscerlo, accoglierlo, comunicarlo e poi scegliere come agire. Posso zittire o rispondere a quelle voci, posso sostenermi e riconoscermi, posso ritornare alla mia vita, al senso che le voglio dare, all’importanza del cammino, all’accettazione dei miei limiti.
Il mio punto fermo per eccellenza è l’Amore.
L’amore che ho dentro, per me, per i miei compagni, per il progetto di vita che è Tempo di Vivere.
L’amore che ho intorno, che posso respirare in qualunque momento, che provo negli abbracci, che vedo nei sorrisi, che ascolto nelle parole, che leggo negli occhi, che mi nutre le cellule, mi riempie i polmoni.
L’amore della Vita, quella Fede che sento luminosa nel profondo, questa forza che va oltre i confini dello spazio e del tempo, che fa solo cosa è meglio per me, che mi è accanto e mi sostiene sempre, come sostiene tutti, anche quando io non lo capisco.
Le manifestazioni di questo Amore sono ovunque, anche fuori dal casale.. arrivano via email, arrivano dalle telefonate, dalle mani che aiutano, dai pensieri di sostegno, dai contributi col cuore che persone che ci hanno incontrato anche solo una volta, o addirittura mai, ci mandano.
Come posso non avere Fede?
Come posso pensare che non siamo sulla nostra strada?
Quando torno a nutrirmi di questa luce, quando sono al centro della tromba d’aria, ben piantata sui piedi e con la testa alta verso il cielo, so che siamo in cammino, so che posso scegliere in quale direzione muovermi, so che non sono sola e che tutto è possibile. Tutto.
La paura non è completamente scomparsa. E nemmeno la tristezza.
Ma insieme si attiva il coraggio, si accende lo stupore della scoperta, la gioia di sentirmi amata e di aver vissuto, anche in questo periodo doloroso, esperienze di connessione profonda che ridanno senso a tutto.
Quindi aggiungo tanti nuovi ingredienti a quella macedonia e tutto diventa più gustoso e dolce.
E resto con la curiosità di sapere che sapore avrà la prima cucchiaiata della prossima avventura.
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